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Disturbi d’Ansia

Il DSM propone sei categorie principali: disturbo d’ansia generalizzato, fobie, disturbo di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress

Ansia

L’ansia è un’emozione complessa che segnala all’individuo la preoccupazione e l’attesa per qualcosa d’indefinito, di spiacevole e, soprattutto, minaccioso. Come tutte le emozioni, anche l’ansia non è disfunzionale in sé ma, al contrario, è indispensabile per la sopravvivenza. Essa infatti segnala la percezione soggettiva di minaccia imminente per obiettivi importanti che vogliamo perseguire o per la nostra incolumità fisica e contribuisce ad attivare ed allertare l’individuo in situazioni di pericolo o nei casi in cui occorra un aumento di attenzione ed attivazione neuro-fisiologica (ad esempio prima di un esame). La reazione è rilevabile dall’innalzamento della vigilanza e del funzionamento di sistemi fisiologici come l’aumento del battito cardiaco, del respiro e del tono della muscolatura.

Tuttavia, la sovrastima del pericolo o la sottostima della capacità di farvi fronte, contribuiscono ad accrescere i sintomi d’ansia che, a loro volta, diventano fonte di minaccia per l’individuo che li sperimenta. In altre parole, l’ansia diventa patologica quando l’intensità e la frequenza della stessa e delle condotte problematiche attuate di conseguenza (ad esempio evitamenti, rituali di controllo, etc.) sono tali da produrre significative compromissioni nella vita del soggetto o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre aree importanti.. In tal caso il soggetto presenta una esagerata preoccupazione circa i propri pensieri, sentimenti e comportamenti, avverte un forte e permanente disagio psicologico e verso il mondo esterno manifesta reazioni di fuga, evitamento, intensa paura e incapacità di fare cose semplici, accompagnati da una serie di sintomi fisici sgradevoli (palpitazioni; tachicardia; sudorazione eccessiva; sensazione di soffocamento; dolore o fastidio al petto; sensazioni di sbandamento e/o di svenimento).

Quando lo stato d’ansia è particolarmente intenso e prolungato nel tempo può causare una quasi totale compromissione della vita di relazione e dell’autonomia. La sua cronicità può anche essere concausa di disturbi psicosomatici.

L’ansia patologica può assumere diverse forme, classificabili sulla base dei sintomi presentati e della specifica compromissione che ne deriva. Di solito il disturbo d’ansia diventa motivo di richiesta di consulenza psicologica quando la persona ha fallito nei propri tentativi di gestione dei sintomi.

La caratteristica principale del Disturbo d’Ansia Generalizzato è la presenza di ansia e preoccupazione eccessive circa una quantità cospicua di eventi o attività della vita quotidiana, che si manifestano per la maggior parte del giorno per almeno 6 mesi.

L’intensità e la durata dell’ansia non è al pari con le effettive caratteristiche della realtà che circonda la persona. La persona affetta da disturbo d’ansia generalizzato è preda di un’ansia persistente, spesso concernente piccole cose. Il carattere distintivo di questo disturbo è una preoccupazione cronica, incontrollabile, per qualsiasi genere di circostanza o attività; per esempio, queste persone possono essere costantemente terrorizzate dalla possibilità che a un loro figlio capiti un qualche incidente. Il disturbo è così pervasivo da essersi meritato l’appellativo di ansia diffusa.

Sono inoltre frequenti sintomi somatici come sudorazione, vampate di rossore, batticuore, nausea, diarrea, sensazione di freddo, mani appiccicose, bocca secca, nodo alla gola, respiro poco profondo, pollachiuria (aumento della frequenza delle urine). Tutte queste manifestazioni somatiche riflettono l’iperattività del sistema nervoso autonomo. Anche la frequenza del polso e la respirazione possono essere elevate. A volte vengono lamentati disturbi alla muscolatura scheletrica: tensione e dolenzia muscolare, soprattutto nella zona della nuca e delle spalle; tic alle palpebre e in altre parti del corpo; tremori; facile affaticabilità e incapacità a rilassarsi.

Coloro che soffrono di questo disturbo sussultano facilmente e sono agitati e irrequieti; in genere sono apprensivi e spesso si tormentano immaginando qualche disgrazia incombente, come la morte. Molto comuni sono anche l’impazienza, l’irritabilità, gli scoppi d’ira, l’insonnia e la distraibilità, dovuti allo stato di continua tensione che la persona vive.

La prevalenza del disturbo d’ansia generalizzato nell’arco di vita è abbastanza elevato, dato che lo si riscontra nel 5% circa della popolazione generale. Esordisce tipicamente durante l’adolescenza, benché molte delle persone che ne soffrono riferiscano di averne sempre sofferto. Gli eventi di vita stressanti sembrano avere qualche ruolo nella sua insorgenza e la sua frequenza è due volte maggiore fra le donne che fra gli uomini.

Attacchi di panico

Gli attacchi di panico sono periodi brevi ma molto intensi di ansia acuta, paura o disagio, che si sviluppano all’improvviso e rapidamente terminano. La sensazione vissuta è spesso quella del terrore di non riuscire a riprendere il controllo del proprio corpo, di stare per morire, o di stare impazzendo.

Una volta sperimentato il primo attacco, il soggetto attiva una particolare attenzione ai segni premonitori di un episodio successivo, e in questo stato attiva l’ansia. Si attiva così un circolo vizioso: l’anticipazione dell’ansia genera ansia – lo stato di ansia conduce alle sensazioni di panico.

Un Attacco di Panico è un periodo preciso di paura o disagio intensi, durante il quale almeno quattro dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti: sudorazione; palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia; tremori fini o grandi scosse; dispnea o sensazione di soffocamento; sensazione di asfissia; dolore o fastidio al petto; nausea o disturbi addominali; sensazioni di sbandamento, di instabilità, testa leggera o di svenimento; derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi); paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di morire; paraestesie (sensazioni di torpore o di formicolio); brividi o vampate di calore.

La caratteristica principale del Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) è la presenza di attacchi di panico ricorrenti, inaspettati, seguiti da almeno 1 mese di marcata e persistente preoccupazione di avere un altro attacco di panico. In tal modo l’individuo si preoccupa così eccessivamente delle possibili conseguenze degli attacchi di panico da mutare il proprio comportamento principalmente evitando le situazioni in cui teme che essi stessi possano aver luogo.

Il primo attacco di panico è solitamente del tutto inaspettato, proprio per questo il soggetto si spaventa fortemente ricorrendo, spesso, al pronto soccorso. La frequenza e la gravità degli attacchi di panico variano nella frequenza ed intensità da persona a persona. Alcuni individui presentano infatti attacchi regolari e modestamente frequenti, ad esempio una volta a settimana, per mesi. Altri possono invece avere brevi serie di attacchi più frequenti, per esempio ogni giorno per una settimana, interposte da settimane o mesi tranquilli o con attacchi meno frequenti, per esempio due ogni mese, per diversi anni.

Alcune volte la perdita di importanti relazioni interpersonali o cambiamenti radicali, ad esempio lasciare casa dei genitori per andare a vivere da soli o un divorzio, possono essere associati con l’esordio o l’aumento di un disturbo di panico.

La persona con disturbo di panico mostra forti preoccupazioni e personali interpretazioni circa le possibili implicazioni e conseguenze degli attacchi di panico; ad esempio, nonostante i ripetuti esami medici e le rassicurazioni di specialisti, ha la convinzione che gli attacchi indichino la presenza di una malattia non diagnosticata, molto pericolosa per la vita. Altra convinzione è quella che gli attacchi denotino che si sta diventando matti o si sta perdendo il controllo. A causa di ciò, la preoccupazione per il possibile successivo attacco e per le sue implicazioni è così forte da far sviluppare comportamenti di evitamento che possono sfociare in una vera e propria agorafobia. In tal caso ci si trova di fronte ad un disturbo di panico con agorafobia.

L’evitamento è una strategia difensiva che permette alla persona di non entrare in contatto con ciò che le induce ansia. Scappare, fuggire, evitare sono tutti comportamenti di emergenza e per questo psico-fisiologici ed utili alla persona. I problemi nascono quando tali comportamenti diventano una tendenza e successivamente un’abitudine compulsiva, ovvero si ripete l’evitamento quasi automaticamente per sfuggire a tutte le condizioni e situazioni nelle quali l’ansia e la paura sono elevate.

L’evitamento riduce momentaneamente i sintomi psico-fisici derivanti dall’ansia e dalla paura, ma successivamente innesca un pericoloso circolo vizioso nel quale ogni evitamento predispone l’evitamento successivo rinforzando le emozioni negative. Questo vortice aumenta il pessimismo dell’individuo circa i propri mezzi in grado di contrastare l’ansia e la paura ed incrementa la sua reazione psico-emotiva, colpendo anche le componenti sociali, affettive e lavorative. L’evitamento può diventare un limite della propria libertà in dipendenza da ciò che la persona evita. In altre parole, se l’evitamento coinvolge situazioni poco frequenti, l’andamento della vita quotidiana può risultare poco influenzato, ma se esso riguarda azioni molto presenti e spesso indispensabili, come guidare l’automobile, le dinamiche socio-familiari, le relazioni socio-affettive ed il benessere psico-fisico possono essere fortemente colpiti in negativo. Di evitamento in evitamento si può addirittura finire per chiudersi in casa e a non vedere quasi nessuno. Tutto questo porta calo dell’autostima, ansia, frustrazione e depressione.

Chi soffre di Attacchi di Panico (o di disturbo di panico con o senza Agorafobia), può incontrare notevoli difficoltà nel mondo del lavoro, come in ambito scolastico e nel contesto delle relazioni familiari o di coppia.

In ambito lavorativo alcune tra le più frequenti difficoltà riportate da chi soffre di attacchi di panico riguardano in primo luogo il raggiungere il posto di lavoro, considerando l’ansia che spesso si è costretti ad affrontare nel prendere mezzi pubblici, o anche la propria auto, soprattutto di fronte al pensiero di rimanere “intrappolati” nel traffico con il timore di “sentirsi male” e non poter chiedere aiuto. Le difficoltà possono inoltre riguardare il doversi misurare con le prestazioni richieste o il rapporto con i colleghi e datore di lavoro, soprattutto considerando come la presenza di un attacco o anche la paura preventiva di esso, possono generare stress e determinare il calo delle prestazioni stesse. Persino i tentativi messi in atto dall’individuo per nascondere gli eventuali attacchi di panico di fronte agli altri possono rappresentare di per se una fonte di stress e ansia. In tali condizioni diventa estremamente difficile affrontare serenamente il mondo del lavoro.

In ambito scolastico, in genere, gli attacchi di panico si manifestano più frequentemente durante il periodo universitario, soprattutto quando già durante le scuole superiori o inferiori la persona comincia a presentare alcuni sintomi di ansia, che possono essere associati alla prestazione scolastica, o semplicemente alla difficoltà di affrontare il mondo esterno (rispetto ai luoghi familiari) con sufficiente fiducia in se stessi.

Riguardo al contesto relazionale, la presenza di una persona con tali sintomi spesso determina notevole disagio sia per i familiari che per il partner. Il contesto relazionale si riorganizza attorno ai “sintomi” di chi soffre del disturbo: spesso le famiglie o i partner si adattano alla situazione tanto da cambiare completamente le proprie abitudini di vita nel tentativo di offrire aiuto e assistenza alla persona che presenta gli attacchi di panico.

Per poter iniziare un adeguato trattamento è in primo luogo necessario effettuare una indagine accurata dei sintomi finalizzata all’ elaborazione di una valutazione psicodiagnostica e all’orientamento psicoterapeutico. Nei casi più gravi una visita psichiatrica può essere necessaria per l’impostazione di una terapia farmacologica.

Fobie

La Fobia è la paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici.

La paura che contraddistingue la Fobia è decisamente forte e ha come carattere distintivo, rispetto alla paura in senso generale, il fatto di protrarsi nel tempo, senza dissolversi con la verifica e la comprensione della realtà innocua della situazione o dell’oggetto.

L’esposizione allo stimolo fobico provoca una immediata risposta ansiosa che in alcuni casi può prendere la forma di un attacco di panico. L’ansia si traduce in sintomi fisici come tachicardia, gastrite, scompensi urinari, nausea, senso di soffocamento, sudorazione eccessiva, tremore e rossore e nell’evitamento dello stimolo fobico che, però porta ad altra ansia, detta ansia anticipatoria. Dunque alla forte paura dello stimolo si somma l’ulteriore paura di provare tale emozione. Conseguentemente si scatena la cosiddetta “paura della paura”, in un circolo vizioso senza via d’uscita.

L’evitamento, la paura e l’ansia anticipatoria che appaiono in risposta allo stimolo fobico interferiscono sempre più profondamente con la vita di tutti i giorni, il lavoro, la scuola, il tempo libero, le vacanze e la vita sociale e affettiva. La persona prova una marcata paura quando è in presenza di un oggetto o di una situazione specifici, o quando si aspetta di fronteggiarli.

L’oggetto della paura è il possibile danno che può provenire dall’oggetto o dalla situazione (per esempio: temere di volare in aereo per la paura di cadere, temere i cani per la paura di essere morsi, temere di guidare per la preoccupazione di avere un incidente). L’ansia viene avvertita immediatamente quando vi è il confronto con lo stimolo fobico ed il suo livello cambia in funzione sia della vicinanza allo stimolo sia del grado di possibilità di allontanarsi da esso. Quando la persona è costretta a rimanere nella situazione o crede che sia impossibile allontanarsene può manifestarsi un attacco di panico in risposta allo stimolo fobico.

I fattori che favoriscono l’esordio di una fobia possono essere individuati in eventi traumatici per il soggetto – quali essere attaccati da un animale, essere rinchiusi in una stanza, vedere altri sottoposti a un trauma o mostrare paura, osservare altri cadere dall’alto – ma anche nell’aver ascoltato in maniera ripetuta nel tempo informazioni specifiche, quali avvertimenti dei genitori su quanto siano pericolose determinate situazioni, o trasmissioni dei media circa disastri terrestri, ferroviari, automobilistici, aerei.

Esistono molteplici forme di fobie, che prendono nomi diversi a seconda del tipo di stimolo evocatore. Possiamo comunque distinguere delle categorie generali:

  • categoria animali, esordisce generalmente nell’infanzia e la paura viene provocata da animali o insetti;
  • categoria ambiente naturale, esordisce generalmente nell’infanzia e la paura viene provocata da elementi dell’ambiente naturale, come temporali, altezze, acqua, vento;
  • categoria sangue-iniezioni-ferite: ha un’elevata familiarità e la paura viene provocata dalla vista del sangue o di una ferita e/o da una iniezione o altre procedure mediche;
  • categoria situazione: ha un picco nell’infanzia e un altro picco intorno ai 25 anni e la paura viene provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare, guidare, o luoghi chiusi;
  • altri tipi: la paura viene scatenata da altri stimoli non categorizzabili.

Tra i tipi di fobia più noti possono essere citati:

  • agorafobia (la paura degli spazi aperti);
  • rupofobia (paura dello sporco);
  • claustrofobia (paura degli spazi chiusi);
  • eritrofobia (paura di arrossire);
  • ipocondria (paura delle malattie).

Purtroppo l’intensa paura e l’evitamento e l’ansia che ne derivano influenzano negativamente, fino addirittura a compromettere seriamente, le varie sfere della vita della persona come gli affetti, il lavoro e la vita sociale. La fobia, infatti, può indurre delle condotte di vita limitate e provocare marcate compromissioni anche alle azioni più semplici, ma importanti se non addirittura indispensabili alla vita lavorativa, familiare e/o affettiva di tutti i giorni. Ad esempio, una promozione sul lavoro può sfumare a causa dell’evitamento dei viaggi aerei, oppure la sfera sociale può risultare limitata dalla paura dei luoghi affollati o chiusi.

La caratteristica principale della Fobia Sociale è l’estrema paura di comportarsi in maniera sbagliata ed imbarazzante di fronte ad altre persone, conseguentemente di poter riceverne conseguenze e giudizi negativi.

Tale timore può condurre l’individuo verso l’evitamento della quasi totalità delle situazioni sociali, proprio per il terrore di assumere atteggiamenti e comportamenti inappropriati e di esser poi per questo mal considerato.

Generalmente le situazioni maggiormente temute sono quelle che comportano necessariamente il dover far qualcosa davanti ad altre persone o comunque in presenza di altri. In tal modo può risultare fortemente ansiogeno anche solo entrare in luoghi pubblici dove ci sia qualcuno, o cenare in un ristorante, oppure salire su un treno o su un autobus.

Chi è afflitto da fobia sociale teme anche di mostrare i suoi sintomi fisiologici dovuti al disturbo come arrossire, sudare, balbettare, avere la tachicardia, tremare o rimanere in silenzio senza riuscire a rispondere. Inoltre la persona che soffre di fobia sociale riconosce le proprie paure come prive di senso e ciò aggrava la situazione con senso di colpa e autosvalutazione. Una delle caratteristiche di questo disturbo è l’enorme ansia che precede le situazioni sociali temute, detta “ansia anticipatoria”. Per questo, già prima di tali situazioni, la persona inizia ad avere ansia pensando a ciò che sta per accadere.

Si possono distinguere due tipologie di fobia sociale:

  • semplice, dove la persona ha timore di un solo tipo di situazione sociale o di poche situazioni;
  • generalizzata, quando la persona ha timore di quasi tutte le situazioni sociali.

Frequentemente una fobia si manifesta in concomitanza con altri disturbi d’ansia, soprattutto disturbo di panico con agorafobia.

Disturbo post-traumatico da stress

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (Post-Traumati Stress Disorder, PTSD) si sviluppa in seguito all’esposizione ad un evento stressante e traumatico che implica l’esperienza personale diretta, di un evento, o a di cui si è venuti a conoscenza, che ha implicato morte, o minacce di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri individui e/o di persone care.

I sintomi del disturbo post-traumatico da stress possono schematicamente esser suddivisi in tre tipologie:

  • continuo rivivere l’evento traumatico attraverso immagini, pensieri, percezioni, incubi notturni;
  • evitamento degli stimoli associati all’evento, con sforzi volontari di evitare pensieri, immagini, oggetti, persone, attività, situazioni, sentimenti che riguardano l’evento traumatico e/o che suscitano ricordi di esso. Insieme all’evitamento vi è l’attenuazione della reattività generale a causa del diminuito interesse per gli altri e di un maggiore senso di estraneità;
  • persistente iperattivazione rappresentata da difficoltà nell’avere un buon sonno, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza e risposte di allarme slegate dalla realtà.

Tali sintomi possono insorgere immediatamente dopo il trauma o dopo alcuni mesi. La reazione psicologica della persona a tale evento implica intensa ansia, forte paura e senso di impotenza.

L’evento traumatico può essere rivissuto in molteplici modi; solitamente la persona presenta ricordi ricorrenti e intrusivi dell’evento o sogni ricorrenti durante i quali si ripete l’evento. In rari casi la persona vive stati dissociativi che durano da pochi secondi a diverse ore, o anche giorni, durante i quali vengono rivissute parti dell’evento e la persona si comporta come se stesse vivendo l’evento in quel momento. Spesso manifesta forte disagio psicologico ed intensa reattività fisiologica quando viene esposta ad eventi scatenanti che assomigliano o simbolizzano un aspetto o più aspetti dell’evento traumatico.